Una regime ricco di verdura, frutta, olio extravergine d’oliva, cereali non raffinati e pesce, con introito moderato di latticini, ha dimostrato di ridurre la perdita di «solidità»
L’osteoporosi, come contrastarla
A farsi le ossa si comincia a tavola. È infatti con l’alimentazione che si può mettere una buona ipoteca sulla salute dello scheletro per tenere alla larga fragilità, fratture e osteoporosi più avanti negli anni: lo conferma una ricerca italo-inglese che appunta un’altra medaglia sulla dieta mediterranea, dimostrando come nell’arco di un anno possa rallentare la perdita ossea pure in chi già soffre di osteoporosi.
La ricerca
I ricercatori hanno sottoposto quasi 1.200 volontari in Italia, Regno Unito, Polonia, Olanda e Francia a una dieta ricca di frutta e verdura, frutta secca, olio extravergine d’oliva, cereali non raffinati e pesce, riducendo al contempo il consumo di carne e mantenendo un introito moderato di latticini; in un anno i partecipanti, ai quali veniva dato anche un minimo supplemento giornaliero di vitamina D, si sono ritrovati con uno scheletro più forte, testimoniato da una minor perdita di massa ossea a livello del femore.
Effetti evidenti
Un effetto evidente in chi già soffriva di osteoporosi, perché come spiegano gli autori: «In questi pazienti la velocità con cui si perde la massa ossea è maggiore rispetto alla norma, per cui l’effetto di un intervento sulla dieta è visibile già in poco tempo; un rallentamento della “degenerazione” dello scheletro c’è anche in chi non ha ossa già fragili, ma lo si apprezza meglio in un arco di tempo più lungo». Ecco perché un’alimentazione adeguata fin dall’infanzia può fare la differenza: il picco di massa ossea è geneticamente determinato e quindi ognuno di noi può accumulare una quantità di osso predefinita, ma è importante fornire all’organismo tutti i «mattoncini» essenziali per costruirla e soprattutto, nell’età adulta, mantenerla.
Calcio, proteine, fosfato
Quelli fondamentali sono tre come spiega Maria Luisa Brandi, presidente della Fondazione Italiana Ricerca sulle Malattie dell’Osso (Firmo) e docente di Endocrinologia dell’università di Firenze: «Il fosfato, che si trova in tutti i cibi per cui non si rischiano carenze; le proteine, perché per costruire il collagene di tipo 1, che conferisce resistenza all’osso, servono gli aminoacidi essenziali che le costituiscono; e soprattutto il calcio, l’elemento principale delle ossa». Questo minerale viene assorbito nell’intestino e il fabbisogno quotidiano è di circa mille milligrammi nell’adulto; è più alto nelle donne dopo la menopausa e negli uomini dopo i 70 anni ma anche negli adolescenti e durante l’allattamento, tutte condizioni in cui si consiglia di arrivare intorno ai 1.200 milligrammi. I dati disponibili per la popolazione italiana indicano però che l’introito giornaliero medio è di circa 800 milligrammi per gli uomini, 730 per le donne: l’uomo del Paleolitico, per dire, ne introduceva il doppio (per scoprire quanto ne introduciamo con le nostre abitudini a tavola si può usare il Calcolatore di Calcio sul sito www.fondazionefirmo.com).
Il calcio negli alimenti
Arrivare alla giusta «dose» con i cibi in realtà non sarebbe difficile: «I latticini danno il contributo maggiore, fino all’80 per cento del totale. Bastano 30 grammi di parmigiano o di pecorino molto stagionato, quindi formaggi adatti anche a chi è intollerante al lattosio, per avere già 300 microgrammi di calcio, un terzo della razione quotidiana», osserva Brandi, che assieme a Margherita De Bac è autrice del libro “Il calcio, istruzioni per l’uso” (Pacini Editore). Purtroppo gli italiani consumano meno latticini di quanto raccomandato dalla Società Italiana di Nutrizione Umana, soprattutto per i tanti equivoci che circolano sul tema, come il temuto aumento del rischio di tumori o il maggior pericolo di diabete e malattie cardiovascolari: gli studi scientifici escludono un rapporto di causa-effetto, eppure tanti temono anche che il latte «sciolga» addirittura l’osso.
Niente eccessi
Un eccesso di proteine animali favorisce l’escrezione di calcio, è vero, ma per arrivarci bisognerebbe introdurre una quantità enorme di latticini; inoltre, l’idea che il latte sia dannoso perché rende più acido il sangue è infondata, nessun alimento può modificare il pH del sangue in maniera sostanziale», specifica Brandi. Sì quindi ai latticini, scegliendo magari lo yogurt che, essendo fermentato, ha poco lattosio ed è più digeribile oltre che ricco di probiotici, utili per migliorare l’assorbimento del calcio. Che si trova anche nei vegetali, come i semi di sesamo (ne contengono quanto il parmigiano, ma sono molto più calorici), i semi di chia e di lino, la quinoa, i cavoli e gli spinaci, i fagioli e le mandorle, tutti utilissimi per chi è vegano.
Gli equivoci
«Arrivare alla dose raccomandata può essere più difficile per chi ha abolito i latticini, ma non impossibile», osserva Brandi. «L’importante è non dar credito a un altro falso mito, secondo cui mangiando troppe verdure il calcio non si assorbirebbe bene perché si legherebbe agli ossalati di cui i vegetali sono ricchi: il concetto è giusto ma le dosi di verdura necessarie per incidere in maniera significativa sull’assorbimento del calcio sarebbero enormi». Una dieta corretta è insomma sufficiente quasi sempre: i supplementi possono essere opportuni solo in chi rischia un deficit come le donne in gravidanza, quelle che hanno avuto lunghi periodi senza ciclo mestruale, le atlete professioniste, i vegani, gli intolleranti al lattosio.
di Alice Vigna
Fonti: https://www.corriere.it/salute/muscoli-ossa-articolazioni/cards/osteoporosi-si-combatte-anche-tavola-la-dieta-mediterranea/niente-eccessi.shtml
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