Depressione e alimentazione: molti studi hanno cercato di capire se una dieta sana può ridurre o p
revenire i sintomi depressivi, ma non è ancora chiaro.
Come altri studi epidemiologici, longitudinali e cross-sectional (Jacka, Pasco, Mykletun, 2010) anche diverse meta-analisi come quella recente di Wang, Zhou, Chen e colleghi (2018) hanno evidenziato l’associazione tra la qualità del propriopiano nutrizionalee lasalute mentale.
Depressione e alimentazione: gli studi fatti Una recente meta-analisi di Firth, Marx e colleghi (2019) del dipartimento di psicologia dell’Università di Manchester, dell’Unità di Psichiatria dell’ospedale di Padova, e del NICM Health Research Institute di Sydney, Australia, ha confermato la significativa efficacia degli interventi alimentari nella riduzione dei sintomi depressivi, nonostante la maggior parte degli studi presi in considerazione abbiano riscontrato questi effetti su popolazioni generali, subcliniche e non patologiche.
Questa importante limitazione metodologica, e cioè l’utilizzo di un campione poco idoneo, spesso selezionato attraverso criteri di inclusione ed esclusione poco rigorosi, ha spinto altri ricercatori a effettuare ricerche cliniche randomizzate sul tema. Il recente studio europeo MooDFOOD, pubblicato su Jama Psychiatry, da Bot, Brouwer e colleghi (2019) dell’Amsterdam Public Health Research Institute e del dipartimento di psichiatria e psicoterapia dell’Università di Leipzig, in Germania, ne è un esempio.
Lo studio longitudinale ha avuto lo scopo di investigare con una più precisa e scrupolosa metodologia gli effetti di specifici interventi nutrizionali nella prevenzione di disturbi depressivi in un gruppo di adulti sovrappeso ad alto rischio (BMI da 25 a 40) con elevati punteggi nella scala della depressione del Patient Health Questionnaire-9 (PHQ-9), confrontato con un gruppo non clinico e di controllo che non ha presentato episodi depressivi per almeno sei mesi, composto da individui provenienti da quattro diverse nazioni europee.
Bot e colleghi (2019) hanno sviluppato trial longitudinali confrontando pazienti nella condizione placebo, con e senza alcuna terapia in corso, con soggetti con e senza terapia che avevano ricevuto piani alimentari multi nutrizionali.
Depressione e alimentazione: il progetto MooFOOD per la riduzione dei sintomi
Il progetto, definito MooDFOOD, ha mostrato come le due diverse strategie alimentari adottate, e cioè l’intervento multi nutrizionale implicante un maggiore apporto di omega 3, acidi grassi, selenio, acido folico, calcio e vitamine e la promozione della dieta mediterranea nel piano alimentare, inserite nei piani terapeutici non abbiano apportato una significativa riduzione dei sintomi depressivi né aumentato i punteggi relativi alla qualità di vita percepita rispetto le stime fatte a priori. Tuttavia è stata rilevata una tendenza lieve verso una maggiore efficacia degli interventi di promozione della dieta mediterranea (Bot, Brouwer, Roca, Kohl set al., 2019).
A parere dei ricercatori, gli scarsi risultati ottenuti potrebbero essere dovuti al fatto che l’inserimento di studi nutrizionali in un ambito come quello della prevenzione della sintomatologia depressiva abbia ulteriormente aggiunto sfide metodologiche e difficoltà legate soprattutto all’aderenza dei gruppi sperimentali alle indicazioni nutrizionali dettate e al controllo della stessa da un punto di vista sperimentale-metodologico.
Un altro report, legato al progetto RAINBOW di Ma e colleghi (2019) riguardante la combinazione di interventi alimentari e psicoterapeutici su gruppi clinici con obesità e sintomi depressivi, ha evidenziato al contrario come il gruppo che aveva ottenuto l’intervento psiconutrizionale completo rispetto al trattamento standard aveva prodotto un miglioramento significativo dei sintomi a distanza di un anno, tanto da essere inserito tra gli interventi di prima linea per i pazienti obesi con alti punteggi nelle scale relative alla depressione.
In conclusione, nonostante i pareri sui potenziali benefici dell’alimentazione sui sintomi depressivi siano in alcuni casi discordi, non unanimi e provenienti da ricerche con una bassa potenza, mettono comunque in luce come l’inserimento all’interno di un trattamento psicoterapeutico di un piano alimentare possa condurre a dei risultati più robusti nella riduzione della sintomatologia psicopatologica nel lungo termine, tanto da poter essere inseriti in alcuni casi nei piani di intervento (Berk & Jacka, 2019).
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