top of page

Il sovrappeso e l’obesità possono danneggiare il fegato



Il “fegato grasso”, in assenza di consumo di alcol, colpisce il 25% della popolazione adulta dei Paesi sviluppati. Sovrappeso e obesità ne aumentano il rischio.

La cosiddetta “steatosi epatica non alcolica” è una condizione definita come un accumulo di grasso nel fegato in una percentuale maggiore del 5%, in assenza di un significativo consumo di alcol (minore di 20 grammi al giorno nella donna e 30 grammi al giorno nell’uomo, corrispondenti rispettivamente a circa 2 e 3 bicchieri al giorno), e di altre patologie del fegato. È molto frequente e colpisce circa il 25% della popolazione adulta dei Paesi sviluppati. Negli stadi iniziali non dà segni di sé, le cellule del fegato stanno bene e non c’è un processo infiammatorio.

Fino a non troppi anni fa, infatti, era addirittura considerata una condizione benigna. Il problema, però, è che la steatosi epatica potrebbe evolvere in condizioni meno benigne e più pericolose, in quanto potrebbe portare alla cosiddetta “steatoepatite”, un processo infiammatorio che a lungo andare danneggia gli epatociti, ossia le cellule che compongono il fegato. L’infiammazione, poi, potrebbe causare la fibrosi epatica, che è una condizione patologica data dall’accumulo di tessuto cicatriziale all’interno del fegato. Da qui, in ultima analisi, si potrebbe arrivare a un ulteriore peggioramento della situazione: si potrebbe, infatti, instaurare la temibile cirrosi epatica (l’accumulo di tessuto cicatriziale è tale da far sì che si perda completamente quella che dovrebbe essere la normale struttura del fegato) che potrebbe a sua volta evolvere in tumore.

Si stima che la steatoepatite non alcolica sia presente nel 6% della popolazione adulta e di queste persone ben il 40% può andare incontro ad un conseguente quadro di fibrosi. Inoltre, questa condizione aumenta il rischio di complicanze cardiovascolari. Per quanto anche l’età e la predisposizione genetica possano avere un ruolo, lo stile di vita scorretto – in particolar modo il sovrappeso, l’obesità e lo scarso esercizio fisico – aumentano il rischio di sviluppare questa patologia.

La prevalenza nei giovani adulti

Dal momento che la prevalenza di questa malattia nei giovani adulti non è chiara, un recente studio pubblicato sulla rivista scientifica The Lancet si propone di indagare proprio quest’aspetto. Ai partecipanti, di età compresa fra i 22 e i 26 anni e residenti nel Regno Unito, sono stati fatti gli esami del sangue per valutare la funzionalità del fegato e poi un esame particolare detto elastografia epatica, il cui scopo è proprio quello di valutare la presenza di fibrosi. Inoltre sono stati valutati altri fattori come il consumo di alcol e l’indice di massa corporea (ossia un indicatore per una valutazione oggettiva del peso corporeo correlato all’altezza).

I risultati dello studio hanno evidenziato come più del 20% dei partecipanti fossero affetti da steatosi epatica, e di questi la metà presentavano un quadro avanzato. Di notevole importanza è notare come questo rischio aumentasse considerevolmente nei soggetti sovrappeso e obesi. Inoltre, quasi il 3% del totale dei soggetti studiati presentava un quadro di fibrosi e il rischio di presentare quest’ultima patologia aumentava di ben quattro volte nei soggetti con steatosi che fanno un utilizzo eccessivo di alcol.

Un problema di sanità pubblica da fronteggiare

I risultati di questo studio ci pongono di fronte a un grande problema di sanità pubblica: nella casistica studiata il sovrappeso e l’obesità aumentano in maniera importantissima il rischio di steatosi che, soprattutto nelle persone obese, si può presentare in una forma avanzata. Questo, come abbiamo spiegato nell’introduzione dell’articolo, può essere pericoloso perché può evolvere in fibrosi e sfociare, con il passare degli anni, in quadri gravi come la cirrosi e il carcinoma epatico. Ancora una volta, questo studio porta l’attenzione sull’importanza degli stili di vita. Il sovrappeso e l’obesità sono in costante aumento nei Paesi sviluppati e la dieta e l’attività fisica sono i principali strumenti che abbiamo per combatterli.

Lo studio in questione si è focalizzato sui giovani: un quadro di steatosi inizialmente non dà sintomi ma, con un lavoro lungo e silenzioso, apre la strada a malattie pericolose che si potrebbero verificare più avanti con l’età. Non ci stancheremo mai di parlarvi dell’importanza della prevenzione e in questo caso, a maggior ragione, ci dobbiamo ricordare che le buone abitudini devono essere messe in atto il prima possibile, da giovani, quando ancora non ci sono sintomi di malattie, per avere un vantaggio in termini di salute da portarsi dietro negli anni. Insomma, non è mai troppo tardi per parlare di prevenzione ma nemmeno troppo presto.

Renata Gili

Fonti:


22 visualizzazioni0 commenti

Post recenti

Mostra tutti

Comments


bottom of page